Il pesce degli aretini venerdi 26 Giugno 2020 in Piazza Fanfulla di Marciano della Chiana

 

Il pesce degli aretini”

Venerdi 26 Giugno2020

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Le terre aretine anticamente furono terre sicuramente ricche di pesce come ci documentano i tributi che venivano pagati alle famiglie nobili attraverso il pescato come le trote e i barbi.

I nostri territori, tanto quelli paludosi della valdichiana che comunque erano ricchi di torrenti e che come possiamo vedere anche nella mappa quattrocentesca del Leonardo da Vinci la quale raffigura con esattezza quel periodo storico in qui torrenti più o meno grossi confluivano in piano dove l’acqua rimaneva comunque stagna ma certamente rendeva diffusa la pesca, pesci piccoli come i barbi le lasche le anguille o le ranocchie erano quelli più diffusi.

In Casentino i torrenti e una parte dell’arno avranno regalato alle loro popolazioni pesci anche più interessanti come le trote , carpe regine o lucci.

Stessa cosa per le terre della Valtiberina e gli stessi laghi intorno a tutto questo territorio come il lago Trasimeno o quello più minore di Chiusi davano tutti assieme delle esperienze di pesca alle popolazioni autoctone.

La non eccessivà varietà di pesce e il suo non eccessivo pregio non riuscì a caratterizzare il cibo degli aretini , soprattutto dopo la bonifica, ciò nonostante di quel, forse, più pescoso passato ci vengono consegnati piatti che le nostre buone massaie seppero interpretare al gusto dei loro uomini ai quali sicuramente piaceva bere del buon vino, ecco perchè ad esempio si chiamavano l’anguilla o il tegamaccio “in ginocchioni”, questo perchè il pesce veniva ben, bene, impepato e poi successivamente nel tempo anche arricchito con del peperoncino così che avrebbero fatto bere più del solito e i commensali sarebbe finiti appunto “in ginocchioni” .

Comunque gli aretini del passato secolo preferirono nelle loro giornaliere mangiate il baccalà o il tonno ( ventresca o tarantella) che arrivava tramite i porti della Sicilia via Pisa e che avrebbero mangiato nelle più svariate maniere, alla brace o lesso in primi piatti come le minestre di ceci con il baccalà o cotti sopra la brace di canne di bambù che avrebbe affumicato il pesce.

Uno spazio veniva lasciato anche alle amatissime acciughe o le più liscose e squamose sarde e avevano imparato a farne la salamoia per poi conservarle e mangiarle a comodo e come non poter ricordare le aringhe che nei tempi di magra venivano attaccate ai travi con un filo e tiratesi l’un l’altro, agguantate da due fette di pane abrustolito e agliato, così sdrusciandola cercando di prelevare qualcosa di sostazioso e se andava male solo l’odore del pesce e con un giro d’olio gli pareva di saziarsi( è proprio vero che la comicità sia talvolta l’eccesso del dramma ).

Anche le regine o carpe che vuol si dire assieme al persico reale del Trasimeno e dove le regine arrivano anche ad essere Kg. 25 – 30 l’una e vanno cotte in forno con la tecnica nostrale, della porchetta con il finocchio selvatico, rappresentano l’occasione per ottimi piatti che oggi sono praticamente scomparsi dalle tavole degli aretini certo che il contributo a tutto ciò è stato dato negli ultimi cinquant’anni dal degrado dei nostri corsi d’acqua.

Ho cercato di rivedere alcuni trà i piatti della tradizione aretina e vi assicuro di aver scoperto un mondo ancora ricco di ricordi e di esperienze che sarà sicuramente bene anche approfondire quindi colgo l’occasione invitando tutti coloro che avranno a leggere queste mie righe ( quasi fosse un’appello dentro una bottiglia lanciata in questo mare di internet) a ricordarsi e ricordarci altre ricette ed esperienze particolari con cui si è visto mangiare un pesce di fiume o di mare ( dai nostri nonni o così ci hanno raccontato dei loro nonni i nostri padri) e di farmelo sapere in maniera da recuperare e conservarlo anche nella memoria collettiva.

Vi aspetto naturalmente numerosi in questa interessante serata anche se non potremo accogliere più di 30 persone e se la cosa susciterà interesse andremo ripetendola anche il prossimo venerdi .

 

Di seguito il Menù ;

  Aperitivo di prosecco pansanto e sardine

Carpaccio di tinca affumicata

Insalata di filetti di carpa regina e persico

Crostino alle uova di carpa regina

Lasche di Guido Monaco

Primi di paste fatte da noi ;

Tagliolini alla tinca affumicata

Gnudi all’ortica e ricotta alle uova di luccio

Secondi ;

Luccio cotto arrosto come se faceva in valdichiana servito con la salsa verde

e cipolle rosse cotte sotto la cenere con patate arrosto.

Dolci ;

Quello povero de pescatori bagno con il latte e la cannella

acqua e vino bianco Vermentino di Montecucco  Parmoleto

Caffè,                                           

                                                      

N.B. amari esclusi